“Voce dal sen fuggita
più richiamar non vale;
non si trattien lo strale,
quando dall’arco uscì”.
(Metastasio)
A volte le parole sono appuntite come frecce, feriscono e fanno sanguinare.
Ma non è del tutto vero che una parola “dal sen fuggita” non si possa richiamare : forse si può farlo chiedendo scusa.
mercoledì 30 aprile 2008
martedì 29 aprile 2008
La casa
Chiamare “casetta del bosco” il posto dove vive la famiglia Del Cacciatore(ma costoro ce l’avranno pure un cognome, o no?) è decisamente un eufemismo, trattandosi di un appartamento al quarto piano di un palazzo di circa cinquant’anni fa situato nell’incrocio più rumoroso, puzzolente di smog e trafficato di una città caotica. Quando la mattina Biancaneve apre le finestre per fare entrare aria (si fa per dire) il suo sguardo non vede prati di erba color clorofilla punteggiati di asfodeli, ma macchine dappertutto, occupate da automobilisti stressati che parlano al cellulare o da tokoni con lo stereo a palla che spara un forsennato ritmo “ttunci-ttunci”. Uccellini manco a parlarne: semmai qualche grasso piccione che però non canta (fa altro, e lo fa sul davanzale); niente scoiattoli, però deve esserci qualche puzzola alloggiata clandestinamente nei cassonetti della spazzatura (non si vede, ma si sente). Nel palazzo di fronte abita un signore anziano che ogni mattina si affaccia alla finestra per vedere che tempo fa e scegliere di conseguenza l’abbigliamento adatto, e lo fa indossando canottiera e boxer ascellari, per cui Biancaneve lo ha soprannominato “il Mutanda”. Nello stesso pianerottolo della casa del bosco c’è la casa della Nonna (non quella di Cappuccetto rosso, un’altra), e le due porte sono spesso aperte creando un futuristico effetto open-space.
Tutto sommato però questa casa non è male, perché è piena di ricordi, di storie e di progetti per il futuro, e anche di “parentesi silenziose” (ma questo è un altro post).
Tutto sommato però questa casa non è male, perché è piena di ricordi, di storie e di progetti per il futuro, e anche di “parentesi silenziose” (ma questo è un altro post).
lunedì 28 aprile 2008
La vecchia scuola
Ieri Biancaneve è entrata nella vecchia scuola, ormai trasferita in un altro edificio. Spazi immensi, resi ancora più sconfinati dall’assenza di mobili; una buganvillea esagerata, tra il rosa e il viola, fiorita e arrampicata fino alle finestre della galleria del primo piano; il teatro che ha visto generazioni di artiste in erba cimentarsi in coreografie, pezzi di prosa, canti a più voci, spesso in abiti cuciti o spillati nottetempo da mamme e nonne generose. Nei corridoi e nelle aule che prima risuonavano di voci infantili, nei bagni dove le grandi fumavano clandestinamente lasciando un inconfondibile puzzo di sigaretta, negli uffici dove restano buttati a terra vecchi telefoni ormai muti, Biancaneve ha rivisitato pezzi della sua storia, ha visto sfilare una grande quantità di volti amici, di famiglie che partecipavano a corsi e riunioni, ha ricordato i primi giorni di scuola delle sue figlie, ed ha provato qualcosa di molto simile alla nostalgia. Forse la colpa è del fatto che si avvicina il momento dell’uscita definitiva da due scuole che per lei sono come appendici della sua famiglia, o forse si sta solo rincitrullendo; Biancaneve sa che ciò che le fa tenerezza non sono le pareti spogliate ma la vita che ci ha abitato dentro, e che continua a pulsare circa un km più a nord.
La nuova scuola è bella, è centrale, piena di famiglie giovani in gamba .
Biancaneve sa che nonostante tutto non sarà facile per le scuole liberarsi di lei.
La nuova scuola è bella, è centrale, piena di famiglie giovani in gamba .
Biancaneve sa che nonostante tutto non sarà facile per le scuole liberarsi di lei.
domenica 27 aprile 2008
Questioni di naso
Nanasette ha un tremendo raffreddore, di quelli da sette o otto pacchetti di fazzoletti al giorno. Di solito il massimo consumatore di fazzoletti è suo fratello Nanosei, afflitto da una perenne, cronica infiammazione dei turbinati (specie di spugne che stanno dentro il naso). Biancaneve – sempre a caccia di offerte speciali- ha comprato i fazzoletti di una marca sconosciuta ( in quella casa tutto quello che non è di marca viene definito “marca-cavallo”) che promette morbidezza e sofficità ( se esiste il sostantivo di soffice) ma che in reltà produce fazzoletti fasulli, di quelli che si sciolgono al contatto col.... prodotto che devono assorbire. Forse ha ragione il Cacciatore che si ostina ad usare ancora –saranno una cinquantina come lui in tutto il mondo – i buoni, vecchi, affidabili e immacolati fazzoletti di stoffa. Tanto ci sono le lavatrici, no?
sabato 26 aprile 2008
La memoria
Il Cacciatore si è comprato un libro che si intitola “La memoria”: nel retro copertina viene annunciato che “ricordare è vivere, dimenticare solo sopravvivere”. Forse lo ha comprato perché quando telefona ad un amico mette la mano sulla cornetta per chiedere a Biancaneve come si chiama la moglie, oppure perché spesso arriva fino al garage per scoprire che ha dimenticato le chiavi: nessuno lo sa. Biancaneve ha guardato il libro con aria di sufficienza; lei ricorda la data di nascita delle sue amiche, il numero di telefono di casa di una trentina di persone e le canzoncine che i nani le cantavano per la festa della mamma quando andavano all’asilo. In verità il piccolo test proposto a pagina 114 la allarma un po’, ma in fondo dimenticare dove hai messo un oggetto o di che cosa stavamo parlando capita a tutti.
C’è però un tipo di memoria che conta di più. E’ quella che ti fa ricordare persone e situazioni, momenti felici o grandi dolori, esperienze che ti hanno fatto crescere ed errori da cui hai imparato qualcosa: non per niente la parola “ricordare” significa “riportare al cuore” più che alla mente. Se la memoria del cuore funziona, non c’è da temere se non ci si ricorda “qual è la prima lettera in alto a sinistra nella tastiera del computer e quale l’ultima in basso a destra”.
C’è però un tipo di memoria che conta di più. E’ quella che ti fa ricordare persone e situazioni, momenti felici o grandi dolori, esperienze che ti hanno fatto crescere ed errori da cui hai imparato qualcosa: non per niente la parola “ricordare” significa “riportare al cuore” più che alla mente. Se la memoria del cuore funziona, non c’è da temere se non ci si ricorda “qual è la prima lettera in alto a sinistra nella tastiera del computer e quale l’ultima in basso a destra”.
venerdì 25 aprile 2008
Il castello
Quando in una casa piccola stanno molte persone, prima o poi si finisce col comprare dei letti a castello. Si tratta di un’invenzione geniale, non c’è dubbio, ma che a volte dà qualche problema. Se ad esempio il nano che dorme sotto ha preso l’abitudine di svegliarsi molto presto e mette la sveglia alle sei, avviene che mentre lui fa la doccia il nano del piano di sopra fa le contorsioni (rischiando di precipitare) per cercare di spegnere la sveglia che – lasciata dal fratello in posizione “snooze”anziché spenta – dopo cinque minuti dal primo suono ricomincia inesorabile a squillare, o peggio a emettere un odioso bip che non lascia scampo. Quando poi bisogna rifare il letto è una tragedia: il letto di sotto ti spezza la schiena e mette a serio rischio di capocciata, il letto di sopra invece se non sei alta almeno un metro e ottanta non riesci a infilare il materasso negli angoli del lenzuolo perché appena lo incastri a destra lui si sgancia a sinistra.
Ma c’è qualcosa di più divertente che dormire in quattro ragazzini su due castelli in una stanza di pochi metri quadrati e giocare “a chi dice per ultimo buonanotte”?
Ma c’è qualcosa di più divertente che dormire in quattro ragazzini su due castelli in una stanza di pochi metri quadrati e giocare “a chi dice per ultimo buonanotte”?
giovedì 24 aprile 2008
La linea azzurra (raccontino)
Aspettò che i bambini fossero entrati a scuola e riprese la via di casa, stringendosi la sciarpa attorno al collo perché aveva i brividi. L’ultima settimana era stata tutta una battaglia per non pensarci, per convincersi che no, non poteva essere, era stata attenta. Eppure il dubbio non la lasciava in pace, e diverse volte in quei giorni si era bloccata con la penna a mezz’aria mentre correggeva i compiti, facendosi un film in testa su come affrontare quella novità. Fece un giro largo ed entrò a comprare un test di gravidanza in una farmacia diversa dalla solita, (non sapeva neanche lei perché, ma per ora quel sospetto doveva essere un segreto tutto suo), e si diresse verso casa.
Dopo mezz’ora, la linea al centro di quella che sembrava una penna (ed era un kit ultimo modello) era di un azzurro intenso, e il dubbio lasciava il posto allo sgomento. Un altro figlio. Inaspettato. Il quarto. Non è possibile. Non ce la faccio.
Sin dal giorno prima la sua anima dondolava al ritmo delle parole di una canzone di Battisti “...io vorrei, non vorrei,ma ...se Vuoi”. Ora che il dubbio era diventato certezza, sentiva di stare già affezionandosi –quasi contro la sua stessa volontà – a quell’idea...anzi no, a quel bambino.
“Come può uno scoglio arginare il mare?” cantava Battisti dentro di lei. Lo scoglio della difficoltà, della paura, dell’energia insufficiente, come può arginare il mare della vita che chiede prepotentemente di essere accettata con amore...l’amore forte, appassionato verso suo marito, e di lui per lei. “Anche se non voglio, torno già a volare...le distese azzurre e le verdi terre...”. Stava lì, seduta sul bordo della vasca da bagno con quel piccolo aggeggio dalla linea blu ancora in mano, ed era ben cosciente che avrebbe affrontato “..le discese ardite e le risalite”, sapeva che avrebbe volato leggera e sarebbe precipitata in attimi di puro sconforto : “su nel cielo aperto, e poi giù il deserto, e poi ancora in alto con un grande salto...”
Gli occhi le si riempirono di lacrime, non sapeva dire se di paura o di gioia.
Otto mesi dopo tutti i suoi parenti si chiesero perché avesse insistito tanto a voler chiamare il bambino Lucio.
Dopo mezz’ora, la linea al centro di quella che sembrava una penna (ed era un kit ultimo modello) era di un azzurro intenso, e il dubbio lasciava il posto allo sgomento. Un altro figlio. Inaspettato. Il quarto. Non è possibile. Non ce la faccio.
Sin dal giorno prima la sua anima dondolava al ritmo delle parole di una canzone di Battisti “...io vorrei, non vorrei,ma ...se Vuoi”. Ora che il dubbio era diventato certezza, sentiva di stare già affezionandosi –quasi contro la sua stessa volontà – a quell’idea...anzi no, a quel bambino.
“Come può uno scoglio arginare il mare?” cantava Battisti dentro di lei. Lo scoglio della difficoltà, della paura, dell’energia insufficiente, come può arginare il mare della vita che chiede prepotentemente di essere accettata con amore...l’amore forte, appassionato verso suo marito, e di lui per lei. “Anche se non voglio, torno già a volare...le distese azzurre e le verdi terre...”. Stava lì, seduta sul bordo della vasca da bagno con quel piccolo aggeggio dalla linea blu ancora in mano, ed era ben cosciente che avrebbe affrontato “..le discese ardite e le risalite”, sapeva che avrebbe volato leggera e sarebbe precipitata in attimi di puro sconforto : “su nel cielo aperto, e poi giù il deserto, e poi ancora in alto con un grande salto...”
Gli occhi le si riempirono di lacrime, non sapeva dire se di paura o di gioia.
Otto mesi dopo tutti i suoi parenti si chiesero perché avesse insistito tanto a voler chiamare il bambino Lucio.
mercoledì 23 aprile 2008
Problemi di linguaggio
Oggi Biancaneve ha cercato di spiegare alla fata J. – la signora dalla lunga treccia che la aiuta nei lavori domestici – il concetto di “prendere iniziative”. Due profondi occhi neri la guardavano interdetti, mentre la nostra passava dalle parole ai fatti mostrando come si può spostare il mobiletto per pulire l’angolino che c’è dietro, o come magari ogni tanto convenga passare una pezza umida sulle pale della ventola dove si deposita la polvere. Lo sguardo era sempre più attento e incuriosito. Biancaneve sa quanto è difficile (lo sa perché lo sperimenta continuamente su sé stessa e sui figli) ed è certa che piano piano, dettaglio dopo dettaglio, J. imparerà. Ma intanto lancia un appello: se qualcuno nella rete sa come si dice “iniziativa” in cingalese, o può suggerire tecniche mimate per spiegare il concetto più che le sue applicazioni concrete, per favore, lo scongiuro...si faccia avanti!
martedì 22 aprile 2008
Pecore
Quando i nani erano piccoli (ma anche fino a qualche anno fa) la mitica zia M. (in realtà una prozia) riuniva tutti i nipoti e faceva con loro le pecore di pasta di mandorle da mangiare a Pasqua. L’organizzazione era perfetta: lo stampo di gesso infarinato. i pennelli con i coloranti rosso e marrone, le basi di cartoncino su cui poggiare il prodotto finito... Ma i bambini – si sa – non amano le cose belle rassettate, e perciò ognuno di loro “personalizzava” la sua pecora nelle maniere più strane: c’erano pecore milaniste a strisce rossonere (ma solo perché non era disponibile l’azzurro!), altre con un cappellino conico, altre con particolari morfologici strani, tipo corni o proboscidi o megaorecchie. Questi ultimi esemplari dalle forme fantasiose venivano genericamente chiamati “mufloni”, forse perché nessuno ha mai saputo come fosse fatto nella realtà un muflone. Le pecorelle venivano poi messe da parte in attesa del giorno di Pasqua (l’operazione avveniva in genere il giovedì santo, primo giorno di vacanza dalla scuola), e poi sbocconcellate, essendo dolcissime e quindi sdegnose da mangiare intere. Avveniva però che - passato lo sfizio di assaggiarle – i monconi di pecora restassero in attesa di essere consumati, diventando col passare dei giorni simili a sculture postmoderne di alabastro. Per questo nel lessico familare della casetta del bosco quando qualcosa resta per giorni senza che nessuno se la mangi (l’ultima fetta di panettone ai primi di febbraio, o il sacchetto di confetti di laurea, per esempio) si suole dire che si è “muflonizzato”. Biancaneve pensa che a volte corriamo il rischio di muflonizzare anche i valori, se li lasciamo a rinsecchirsi senza sforzarci di viverli.
lunedì 21 aprile 2008
Solidarietà
Sabato Biancaneve ha partecipato ad un convegno sulla solidarietà. Domenica mattina mentre preparava il caffè si è ritrovata a pensare alle cose ascoltate il giorno prima, e ha “scoperto” che la parola “solidarietà” racchiude vari significati: contiene il termine “dar-e”, nonchè “solido” (quindi non immateriale, come le buone intenzioni che poi non si concretano), e finisce con“-età” perché si può essere solidali a qualunque età, e per questo ci si può educare ad esserlo. Qualcuno dirà che Biancaneve ha scoperto l’acqua calda; alzi la mano chi pensa che sia cosa da poco. Evviva gli scaldabagni!
domenica 20 aprile 2008
Ministeri
La casetta nel bosco (un po’ come tutte le case del mondo) è come un piccolo stato in cui il Cacciatore è il leader indiscusso e Biancaneve fa il capo del governo. Periodicamente ci si siede al tavolo delle trattative per la spartizione dei ministeri. Dopo lunghe concertazioni e recriminazioni sindacali la squadra di governo è pronta. Il ministero della biancheria da lavare, è tradizionalmente assegnato i nani più piccoli, mentre la puzzolente questione dello smaltimento rifiuti richiede una mano più esperta. Ogni tanto vengono istituiti nuovi ministeri come quello delle “Cose fuori posto”, le cui competenze sono regolate dalla norma costituzionale che recita “Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa”, e che è uno dei principi fondamentali a cui dovrebbe ispirarsi ogni casetta nel bosco piccola e popolata di nani, o quello “Porta e telefono”, dicastero a cui è demandato il compito dell’accoglienza. Al termine del dibattimento non c’è bisogno di presentare il nuovo governo alle camere per la fiducia, perché la fiducia c’è già, anzi è uno dei cardini su cui si regge la vita nella casetta. Ma per sancire definitivamente il patto viene presentato a tutti i membri del nuovo consiglio dei nano-ministri l’accordo quadro perché possano apporre la loro augusta firma, prima che il decreto venga affisso in cucina perché tutti possano vederlo. La famiglia è anche questo: un’organizzazione intelligente in cui ognuno fa la sua parte affinchè tutti vivano meglio.
sabato 19 aprile 2008
Il tesoro
Mohammed el-Magrebi abitava al Cairo, in una casetta dove c’era un giardino, un fico e una fontana. Era povero. S’addormentò e sognò un uomo bagnato zuppo che si tolse una moneta d’oro di bocca e gli disse: “La tua fortuna è in Persia, a Isfahan...troverai un tesoro...vai!”
Mohammed si svegliò e partì di corsa. Dopo mille pericoli arrivò a Isfahan! Qui, cercando da mangiare, stanco morto, venne scambiato per un ladro. Lo picchiarono con canne di bambù e quasi l’ammazzarono. Fino a quando il capitano gli domandò: “Chi sei, da dove vieni, perché sei qua?”
Quello gli disse la verità: “Ho sognato un uomo zuppo che mi ha ordinato di venire qua perché avrei trovato un tesoro. Bel tesoro, le bastonate!” Il capitano fece una risata e gli disse:”Scemo, e tu credi ai sogni? Eh,...io ho sognato tre volte una povera casa del Cairo dove c’è un giardino e oltre il giardino un fico e oltre il fico una fontana e sotto la fontana un tesoro enorme! Ma io non mi sono mai mosso da qui, scemo! Vattene, credulone!”
L’uomo tornò a casa, e sotto la fontana del suo giardino dissotterrò il tesoro! (da “Le mille e una notte”)
Spesso i sogni sono l'inizio di un percorso che ci porta a scoprire tesori nascosti nelle cose più vicine a noi.
Mohammed si svegliò e partì di corsa. Dopo mille pericoli arrivò a Isfahan! Qui, cercando da mangiare, stanco morto, venne scambiato per un ladro. Lo picchiarono con canne di bambù e quasi l’ammazzarono. Fino a quando il capitano gli domandò: “Chi sei, da dove vieni, perché sei qua?”
Quello gli disse la verità: “Ho sognato un uomo zuppo che mi ha ordinato di venire qua perché avrei trovato un tesoro. Bel tesoro, le bastonate!” Il capitano fece una risata e gli disse:”Scemo, e tu credi ai sogni? Eh,...io ho sognato tre volte una povera casa del Cairo dove c’è un giardino e oltre il giardino un fico e oltre il fico una fontana e sotto la fontana un tesoro enorme! Ma io non mi sono mai mosso da qui, scemo! Vattene, credulone!”
L’uomo tornò a casa, e sotto la fontana del suo giardino dissotterrò il tesoro! (da “Le mille e una notte”)
Spesso i sogni sono l'inizio di un percorso che ci porta a scoprire tesori nascosti nelle cose più vicine a noi.
venerdì 18 aprile 2008
Scarpe
Quando qualcuno dei nani emigrati viene per un motivo qualsiasi alla casa-base la richiesta tipica che fa è: comprare scarpe. Biancaneve va in giro con loro, paziente di fronte all’indecisione, alla fine paga le scarpe e prova un profondo senso di compiutezza.
Le scarpe si consumano, specialmente se bisogna fare le strade col battere dei propri passi. Cinque nani li ha portati lontano la libertà, e li sostiene il desiderio di rispondere a un amore. In fondo il compito dei genitori è questo: insegnare a camminare e fornire le scarpe, e poi accettare che i figli vadano (o restino, se vogliono). Attenzione a non dare solo pantofole: la vita non è tutta moquette.
Una amica ha raccontato a Biancaneve questo episodio:
-Nonna, le mie scarpe sono brutte? - chiede un bambino di sei anni.
No, dice la nonna, perché me lo chiedi?
-Perché il mio compagno dice che sono brutte.
La nonna le guarda – effettivamente tanto belle non sono- ci pensa un attimo e risponde: Tu puoi dire al compagno che le tue scarpe parlano di te, raccontano che ieri sei stato in campagna, che hai raccolto la legna per il camino, che ti sei arrampicato...
Dopo qualche giorno il bambino dice alla nonna – Sai nonna, gliela ho detta al mio compagno quella cosa sulle scarpe.
E lui cosa ha risposto? fa la nonna
-Mi ha chiesto se gliele presto-.
Le scarpe si consumano, specialmente se bisogna fare le strade col battere dei propri passi. Cinque nani li ha portati lontano la libertà, e li sostiene il desiderio di rispondere a un amore. In fondo il compito dei genitori è questo: insegnare a camminare e fornire le scarpe, e poi accettare che i figli vadano (o restino, se vogliono). Attenzione a non dare solo pantofole: la vita non è tutta moquette.
Una amica ha raccontato a Biancaneve questo episodio:
-Nonna, le mie scarpe sono brutte? - chiede un bambino di sei anni.
No, dice la nonna, perché me lo chiedi?
-Perché il mio compagno dice che sono brutte.
La nonna le guarda – effettivamente tanto belle non sono- ci pensa un attimo e risponde: Tu puoi dire al compagno che le tue scarpe parlano di te, raccontano che ieri sei stato in campagna, che hai raccolto la legna per il camino, che ti sei arrampicato...
Dopo qualche giorno il bambino dice alla nonna – Sai nonna, gliela ho detta al mio compagno quella cosa sulle scarpe.
E lui cosa ha risposto? fa la nonna
-Mi ha chiesto se gliele presto-.
giovedì 17 aprile 2008
Punti di riferimento
Primo giorno di scuola. Una scuola appena nata, messa in piedi dalla testardaggine e dall’entusiasmo un po’ incosciente di un gruppetto di genitori. Sono le 9.30: un bambino di 5 anni esce dall’aula “I elementare ” e si affaccia su un corridoio ampio e deserto. Si guarda intorno spaesato, finchè adocchia in lontananza un volto che conosce.
-Tu sei amico di mio padre, vero?-
- Sì- risponde il preside- tu sei il figlio del Cacciatore...
-Allora me lo dici dove è il bagno?-
-Tu sei amico di mio padre, vero?-
- Sì- risponde il preside- tu sei il figlio del Cacciatore...
-Allora me lo dici dove è il bagno?-
mercoledì 16 aprile 2008
Parlando d'amore
Ieri sera Biancaneve e il Cacciatore hanno partecipato ad una serata su come il cinema contemporaneo presenta l’amore tra uomo e donna. C’erano coppie giovani, con tutta la vita davanti e il coraggio per affrontarla insieme, e c’erano i nostri eroi – con qualche decennio di esperienza – non meno decisi a riscoprire la bellezza di essere co-autori nel costruire giorno dopo giorno una storia inedita, la cui sceneggiatura è il dialogo profondo che si ricama sulle piccole cose quotidiane. E’ una storia da raccontare con tanti flash-back, con inquadrature di sguincio e primi piani intensi, con un uso sapiente delle luci e delle ombre, con un nutrito stuolo di comprimari e di comparse, ciascuno con un peso non indifferente. Una storia vera, appassionante, in cui anche nella ripetitività delle giornate c’è sempre lo stupore di scoprire che l’altro cambia pur restando sempre sé stesso; insomma, una storia bella. Ogni storia così meriterebbe un film.
Il raggio del faro al limitare del bosco ieri sera si è soffermato un secondo più del solito sulla piccola casa di Biancaneve.
Il raggio del faro al limitare del bosco ieri sera si è soffermato un secondo più del solito sulla piccola casa di Biancaneve.
martedì 15 aprile 2008
Shopping
Biancaneve ama frequentare i mercatini, gli outlet, le offerte speciali, i fuori- tutto e in genere tutti i posti dove si risparmia. Il Cacciatore non condivide questa passione: lui è dell’idea che si comprano solo cose di buona qualità, che durino anni (teoria difficilmente condivisibile dai figli adolescenti che – come è proprio della loroetà – amano cambiare e seguire un po’ le tendenze).
Per questo Biancaneve esce a fare acquisti con una delle sue mitiche sorelle, sempre informatissima su dove trovare cose convenienti.
La funzione della sorella “shopping trainer” non è solo quella di segnalare svendite vantaggiose, ma anche quella di “fare da specchio”; infatti quando si va per maercatini - dove non ci sono stanzini di prova - è fondamentale avere una persona di cui ci si fida a cui chiedere “Secondo te come mi sta?”. E crederci, quando la risposta è - Perfetto! - oppure - Orribile!
E’ importante la mediazione dello sguardo di un altro per definire l’immagine di sé, specie se questo altro (sorella, marito, figlio, amica...o Altro) ci vuole bene sul serio.
Per questo Biancaneve esce a fare acquisti con una delle sue mitiche sorelle, sempre informatissima su dove trovare cose convenienti.
La funzione della sorella “shopping trainer” non è solo quella di segnalare svendite vantaggiose, ma anche quella di “fare da specchio”; infatti quando si va per maercatini - dove non ci sono stanzini di prova - è fondamentale avere una persona di cui ci si fida a cui chiedere “Secondo te come mi sta?”. E crederci, quando la risposta è - Perfetto! - oppure - Orribile!
E’ importante la mediazione dello sguardo di un altro per definire l’immagine di sé, specie se questo altro (sorella, marito, figlio, amica...o Altro) ci vuole bene sul serio.
lunedì 14 aprile 2008
Problem solving
I bambini – si sa – giocano scimmiottando la realtà.
Un pomeriggio piovoso di domenica il corridoio della casetta del bosco è trasformato in un centro commerciale: le porte delle stanze che vi si aprono sono l’accesso ad altrettante “botteghe”.
Nanouno ha un negozio di giornalini e libri di favole (per lo piu vecchi numeri diTopolino che si potrebbereo recitare a memoria).
Nanadue è diventata parrucchiera, ed ha un banchetto con allineati pettini e spazzole e una boccetta di un miracolosa lozione che si chiama Palalac.
Nanotre ha un circo e si produce a richiesta in spericolati esercizi acrobatici.
Nanaquattro lavora come modista e disegna vestiti per ogni occasione, soprattutto balli eleganti.
Nanocinque si è dovuto adattare nello sgabuzzino perché le stanze erano tutte occupate: ha messo un tavolino piccolo piccolo con due sedie della stessa misura, e un insegna (foglio di quaderno attaccato con lo scotch e scritto da uno dei fratelli) informa i clienti che “Qui si risolvono problemi”.
Biancaneve e il Cacciatore comprano – soldi finti – il loro bravo Topolino, si fanno pettinare, applaudono il numero dell’acrobata che stando sdraiato fa girare un cuscino con i piedi, chiedono alla stilista di disegnare vestiti da sera e per finire approdano allo sgabuzzino.
-Qual è il suo problema?- chiede l’esperto consulente di anni quattro. (darsi del lei è molto professionale in questi casi).
- Vorrei sapere come fare per farmi obbedire dai miei bambini – risponde il Cacciatore (ed è sincero nella richiesta).
L’esperto ci pensa un attimo, poi dice con sicurezza:
- Provi ad ordinare ai suoi figli di prendersi un gelato- è il responso dell’oracolo.
Il consiglio funziona. Garantito.
Un pomeriggio piovoso di domenica il corridoio della casetta del bosco è trasformato in un centro commerciale: le porte delle stanze che vi si aprono sono l’accesso ad altrettante “botteghe”.
Nanouno ha un negozio di giornalini e libri di favole (per lo piu vecchi numeri diTopolino che si potrebbereo recitare a memoria).
Nanadue è diventata parrucchiera, ed ha un banchetto con allineati pettini e spazzole e una boccetta di un miracolosa lozione che si chiama Palalac.
Nanotre ha un circo e si produce a richiesta in spericolati esercizi acrobatici.
Nanaquattro lavora come modista e disegna vestiti per ogni occasione, soprattutto balli eleganti.
Nanocinque si è dovuto adattare nello sgabuzzino perché le stanze erano tutte occupate: ha messo un tavolino piccolo piccolo con due sedie della stessa misura, e un insegna (foglio di quaderno attaccato con lo scotch e scritto da uno dei fratelli) informa i clienti che “Qui si risolvono problemi”.
Biancaneve e il Cacciatore comprano – soldi finti – il loro bravo Topolino, si fanno pettinare, applaudono il numero dell’acrobata che stando sdraiato fa girare un cuscino con i piedi, chiedono alla stilista di disegnare vestiti da sera e per finire approdano allo sgabuzzino.
-Qual è il suo problema?- chiede l’esperto consulente di anni quattro. (darsi del lei è molto professionale in questi casi).
- Vorrei sapere come fare per farmi obbedire dai miei bambini – risponde il Cacciatore (ed è sincero nella richiesta).
L’esperto ci pensa un attimo, poi dice con sicurezza:
- Provi ad ordinare ai suoi figli di prendersi un gelato- è il responso dell’oracolo.
Il consiglio funziona. Garantito.
domenica 13 aprile 2008
Nani (2)
Una tavola affollata e rumorosa all’ora di cena, in cucina. Ognuno vuole raccontare le cose della giornata, ma è difficile inserirsi quando il filo del discorso segue viottoli diversi dal proprio. Nanosei – allora quattordicenne – dopo qualche tentativo di attirare l’attenzione degli altri su quello che ha da dire, ci rinuncia. Si volta verso destra e sommessamente comincia “Lo sai, Lava, oggi abbiamo fatto una gita all’Osservatorio...”
Parlare con una lavastoviglie non è il massimo, ma la mossa ad effetto ha i suoi risultati.
Non si finisce mai di imparare ad ascoltare... anche i discorsi inutili, anche a volte gli assordanti silenzi di un figlio adolescente.
Parlare con una lavastoviglie non è il massimo, ma la mossa ad effetto ha i suoi risultati.
Non si finisce mai di imparare ad ascoltare... anche i discorsi inutili, anche a volte gli assordanti silenzi di un figlio adolescente.
sabato 12 aprile 2008
Alla posta
Biancaneve è andata alla posta a pagare delle bollette. All’ingresso ha preso il numero alla macchinetta: C 126. Il display l’ha gentilmente informata che allo sportello era in corso l’ operazione C 61, e lei si è messa buona buona ad aspettare (tanto lo sapeva che sarebbe andata così). Le sedie disponibili tutte occupate, tranne due verso cui va qualche speranzoso cliente che viene bloccato dai vicini con un sorrisetto cattivo “guardi che sono rotte”. Di metterci un cartellino nemmeno a pensarci.
La fauna degli uffici postali è variegata: c’è l’insegnante che corregge una pila di temi (ha il numero 95), c’è una signora anziana con vistose vene varicose che – avendo conquistato una sedia – vuole a tutti i costi far sedere un nipote ventenne con cresta gellata e orecchino -“Carmelo, siediti!”-ma lui fa finta di non conoscerla. C’è la direttrice con stivali dal tacco altissimo che discute con un tale su una firma mancante. C’è l’espressione desolata dei nuovi arrivati che ritirano alla sputanumeri il numero 154 mentre siamo intanto arrivati solo al 70... Biancaneve ha un colpo di fortuna: incontra suo fratello che si offre di pagare le bollette insieme alle sue , turno 92. A quel punto inizia una reazione a catena: Biancaneve dà il 126 a una giovane mamma con carrozzella che le sorride con eterna gratitudine. Un signore anziano riceve il 95 da Insegnante che tra dieci minuti deve essere in classe e passa il suo 102 ad un altro, Nonna-di-Carmelo scopre che per le raccomandate il turno è ad un altro sportello, e cede il suo numero 110 ad una vicina di sedia... il tutto mentre Tacchi-a-spillo entra ed esce dal suo box ticchettando.
E’ passata un’ora e mezza. Tutto sommato non è andata male.
Morale della favola: quando si va alla posta si finisce col dare i numeri.
La fauna degli uffici postali è variegata: c’è l’insegnante che corregge una pila di temi (ha il numero 95), c’è una signora anziana con vistose vene varicose che – avendo conquistato una sedia – vuole a tutti i costi far sedere un nipote ventenne con cresta gellata e orecchino -“Carmelo, siediti!”-ma lui fa finta di non conoscerla. C’è la direttrice con stivali dal tacco altissimo che discute con un tale su una firma mancante. C’è l’espressione desolata dei nuovi arrivati che ritirano alla sputanumeri il numero 154 mentre siamo intanto arrivati solo al 70... Biancaneve ha un colpo di fortuna: incontra suo fratello che si offre di pagare le bollette insieme alle sue , turno 92. A quel punto inizia una reazione a catena: Biancaneve dà il 126 a una giovane mamma con carrozzella che le sorride con eterna gratitudine. Un signore anziano riceve il 95 da Insegnante che tra dieci minuti deve essere in classe e passa il suo 102 ad un altro, Nonna-di-Carmelo scopre che per le raccomandate il turno è ad un altro sportello, e cede il suo numero 110 ad una vicina di sedia... il tutto mentre Tacchi-a-spillo entra ed esce dal suo box ticchettando.
E’ passata un’ora e mezza. Tutto sommato non è andata male.
Morale della favola: quando si va alla posta si finisce col dare i numeri.
giovedì 10 aprile 2008
Nani (1)
Biancaneve i suoi nani non li ha trovati già confezionati e con tanto di barba bianca ma li ha fatti uno per uno insieme al cacciatore. Di ognuno di loro ricorda i salti che facevano nella sua pancia, l’arrivo in clinica spesso nottetempo, il ritorno a casa con il porte-enfant di velluto a coste blu, e le mille piccole cose che hanno contribuito a forgiare la personalità di ciascuno nel corso degli anni.
Dei primi ci sono parecchie foto che li ritraggono da piccoli, spesso su una spiaggia assolata di fronte all’Africa; degli ultimi ce ne sono di meno, ma le immagini nella memoria non sono meno vivide. Biancaneve vede nei nani molti tratti in comune col cacciatore; forse per questo le piacciono tanto. Se dovesse fare un film su di loro il titolo giusto sarebbe “I magnifici sette”.
Dei primi ci sono parecchie foto che li ritraggono da piccoli, spesso su una spiaggia assolata di fronte all’Africa; degli ultimi ce ne sono di meno, ma le immagini nella memoria non sono meno vivide. Biancaneve vede nei nani molti tratti in comune col cacciatore; forse per questo le piacciono tanto. Se dovesse fare un film su di loro il titolo giusto sarebbe “I magnifici sette”.
Ti va di ballare? (raccontino)
La ragazza osservava distrattamente l’oliva del suo cocktail chiedendosi come tirarla fuori senza infilare un dito nel bicchiere, finchè decise di lasciarla dov’era. Posò il bicchiere sul tavolo e si girò. Fu allora che se lo trovò davanti. Un bel tipo, niente da dire. Strano non averlo notato prima, visto che era arrivata alla festa già da un paio d’ore. Lui le sorrise, senza staccare gli occhi dalla sua faccia; due occhi che sembravano leggerti dentro, tanto che lei per un attimo abbassò i suoi.
“Vuoi ballare?” La domanda la colse di sorpresa. Fu indecisa se trovare una scusa (Mi aspettano di là…No, banale. Oppure : Grazie, ma ho promesso ad un amico di…Peggio che mai, assolutamente improbabile e antiquato.) Fu tentata di dirgli la verità, e cioè che le scarpe coi tacchi le stavano strette e che non ci era abituata, ma non lo conosceva affatto, e parlare di piedi dolenti non era il massimo. Gli occhi di lui intanto erano diventati calamite, e si trovò a rispondere uno stupidissimo “OK”.
Si diressero verso la terrazza dove già alcune coppie assecondavano stancamente un ritmo lento, una bella canzone di Dionne Warwick. Lui le mise un braccio intorno alla vita e le prese la mano destra; lei posò la sinistra sulla sua spalla e avvertì la solidità di roccia di quelle spalle giovani e forti. Mossero i primi passi, e dopo qualche secondo successe una cosa strana : la musica cambiò. Lo stereo che fino allora aveva suonato la tipica serie di CD da festa in terrazza lasciò il posto ad un’orchestra di 80 elementi, che attaccò un valzer, dapprima in sordina e poi acquistando sonorità. Lei si trovò spiazzata: “Scusa, ma io questo non lo so ballare…forse è meglio se ci andiamo a sedere…” Lui sorrise, e lei pensò che le piaceva molto quel sorriso. “Non ti preoccupare – la rassicurò – solo chiudi gli occhi e lasciati andare. Ti porto io. Fidati!”
Lei si fidò. Chiuse gli occhi, si concentrò sull’immagine di lui che le si era stampata dentro, e si scordò di avere dei piedi impacciati e arrampicati su due tacchi scomodissimi. Fu un’esperienza unica; le sembrava di essere agile, leggera, di non avere limiti, di essere onnipotente. Provava una sicurezza che niente avrebbe potuto scuotere, volteggiava tra le sue braccia e si sentiva felice, appagata.
La musica non era ancora finita quando lei lo guardò e sembrò ricordarsi che non sapeva neanche il suo nome. “Non mi lasciare mai” gli disse. “Non c’è pericolo – rispose lui tenendola stretta. Starai sempre con me”.
E l’anima e il suo Dio continuarono a ballare per l’eternità.
“Vuoi ballare?” La domanda la colse di sorpresa. Fu indecisa se trovare una scusa (Mi aspettano di là…No, banale. Oppure : Grazie, ma ho promesso ad un amico di…Peggio che mai, assolutamente improbabile e antiquato.) Fu tentata di dirgli la verità, e cioè che le scarpe coi tacchi le stavano strette e che non ci era abituata, ma non lo conosceva affatto, e parlare di piedi dolenti non era il massimo. Gli occhi di lui intanto erano diventati calamite, e si trovò a rispondere uno stupidissimo “OK”.
Si diressero verso la terrazza dove già alcune coppie assecondavano stancamente un ritmo lento, una bella canzone di Dionne Warwick. Lui le mise un braccio intorno alla vita e le prese la mano destra; lei posò la sinistra sulla sua spalla e avvertì la solidità di roccia di quelle spalle giovani e forti. Mossero i primi passi, e dopo qualche secondo successe una cosa strana : la musica cambiò. Lo stereo che fino allora aveva suonato la tipica serie di CD da festa in terrazza lasciò il posto ad un’orchestra di 80 elementi, che attaccò un valzer, dapprima in sordina e poi acquistando sonorità. Lei si trovò spiazzata: “Scusa, ma io questo non lo so ballare…forse è meglio se ci andiamo a sedere…” Lui sorrise, e lei pensò che le piaceva molto quel sorriso. “Non ti preoccupare – la rassicurò – solo chiudi gli occhi e lasciati andare. Ti porto io. Fidati!”
Lei si fidò. Chiuse gli occhi, si concentrò sull’immagine di lui che le si era stampata dentro, e si scordò di avere dei piedi impacciati e arrampicati su due tacchi scomodissimi. Fu un’esperienza unica; le sembrava di essere agile, leggera, di non avere limiti, di essere onnipotente. Provava una sicurezza che niente avrebbe potuto scuotere, volteggiava tra le sue braccia e si sentiva felice, appagata.
La musica non era ancora finita quando lei lo guardò e sembrò ricordarsi che non sapeva neanche il suo nome. “Non mi lasciare mai” gli disse. “Non c’è pericolo – rispose lui tenendola stretta. Starai sempre con me”.
E l’anima e il suo Dio continuarono a ballare per l’eternità.
mercoledì 9 aprile 2008
Il ferro ed io
Oggi Biancaneve si è trovata davanti ad un’opzione fondamentale: doveva scegliere tra il mare (di cose da fare) e la montagna (di biancheria da stirare). Buona la seconda.
Ha proceduto ai riti preparatori quali mettere un cd di Bocelli altamente ispirato e caricare il serbatoio dell’acqua del ferro a vapore e ha cominciato ad aggredire la montagna di panni dalla cima, pregustando il momento di felicità in cui si vede il fondo della cesta vuota. Ha sognato di partire su navi per mari/che io lo so, lo so non esistono più (ma chi li scrive i testi delle canzoni di Bocelli?) mentre prendeva un asciugamano di spugna incartapecorito dallo scirocco di ieri, è scivolata con leggerezza su magliette e pigiami e finalmente è arrivata al clou: le camicie.
Biancaneve approfitta della stirata per pensare ai proprietari delle cose che le passano per le mani, e le camicie da uomo offrono grandi possibilità; retrocollo- spalle- dietro- maniche- davanti- piegare... circa quattro minuti da passare in compagnia di qualcuno a cui vuoi bene: non è poco!
Stirare bene una camicia è un’arte, e all’opera d’arte concorrono tutte e due le mani. Sembra che il lavoro lo faccia tutto la mano destra, portando il calore umido negli anfratti del tessuto, ma in realtà la destra riuscirebbe a poco senza l’aiuto fondamentale della mano sinistra, che appiana le pieghe e rende facile e scorrevole raggiungere anche i punti insidiosi. In un volo poetico Biancaneve pensa che lo stesso succede con l’anima: la sincerità è la mano sinistra che permette alla luce di raggiungere gli angoli bui.
Bocelli dichiara di vivere per la musica, e la montagna scende a valle. E’ vicino il momento di tuffarsi nel mare.
Ha proceduto ai riti preparatori quali mettere un cd di Bocelli altamente ispirato e caricare il serbatoio dell’acqua del ferro a vapore e ha cominciato ad aggredire la montagna di panni dalla cima, pregustando il momento di felicità in cui si vede il fondo della cesta vuota. Ha sognato di partire su navi per mari/che io lo so, lo so non esistono più (ma chi li scrive i testi delle canzoni di Bocelli?) mentre prendeva un asciugamano di spugna incartapecorito dallo scirocco di ieri, è scivolata con leggerezza su magliette e pigiami e finalmente è arrivata al clou: le camicie.
Biancaneve approfitta della stirata per pensare ai proprietari delle cose che le passano per le mani, e le camicie da uomo offrono grandi possibilità; retrocollo- spalle- dietro- maniche- davanti- piegare... circa quattro minuti da passare in compagnia di qualcuno a cui vuoi bene: non è poco!
Stirare bene una camicia è un’arte, e all’opera d’arte concorrono tutte e due le mani. Sembra che il lavoro lo faccia tutto la mano destra, portando il calore umido negli anfratti del tessuto, ma in realtà la destra riuscirebbe a poco senza l’aiuto fondamentale della mano sinistra, che appiana le pieghe e rende facile e scorrevole raggiungere anche i punti insidiosi. In un volo poetico Biancaneve pensa che lo stesso succede con l’anima: la sincerità è la mano sinistra che permette alla luce di raggiungere gli angoli bui.
Bocelli dichiara di vivere per la musica, e la montagna scende a valle. E’ vicino il momento di tuffarsi nel mare.
domenica 6 aprile 2008
Eccezziunale veramente
L’altro giorno tutti parlavano di un programma TV sul Guinness dei primati. L’istruttore della palestra, la cassiera del negozio di alimetari, i tassisti del posteggio taxi sotto casa, tutti insomma commentavano ai vicini “ma l’hai visto ieri sera l’uomo più piccolo del mondo? 63 centimetri! E quello con le unghie lunghissime? ma come fa a lavarsi? E quello con la pelle del corpo che si tirava da tutte le parti...e quello tutto peli? Che impressione!”
Mi chiedo perché ci piacciono tanto gli eccessi, le cose esagerate, fuori dal comune.
Forse perché dimentichiamo che ognuno di noi è unico, assolutamente originale, stupefacente, pur condividendo la condizione umana con qualche altro miliardo di altre persone.
Anche senza avere capellii lunghi sei metri, ciascuno può dire “nessuno è come me”.
Ognuno può dire di sé “io so er più”.
Mi chiedo perché ci piacciono tanto gli eccessi, le cose esagerate, fuori dal comune.
Forse perché dimentichiamo che ognuno di noi è unico, assolutamente originale, stupefacente, pur condividendo la condizione umana con qualche altro miliardo di altre persone.
Anche senza avere capellii lunghi sei metri, ciascuno può dire “nessuno è come me”.
Ognuno può dire di sé “io so er più”.
venerdì 4 aprile 2008
La fata
Biancaneve ha una fata che viene alla casetta del bosco due volte alla settimana per qualche ora e la aiuta nelle pulizie. E’ una signora che viene dallo Sri-Lanka, si chiama J. , ha due bambini e capisce
solo qualche cosa di italiano.
J. ha risolto i suoi problemi di comunicazione: quando Biancaneve o il cacciatore o uno dei 7 nani le fa una domanda, lei per sì e per no ride. Ride quando le chiedi come stanno i suoi figli, ride quando vuoi sapere se ha portato l’ombrello dato che è scoppiato un temporale inatteso, ride quando arriva alle 7.30 salutandoti con un bacio e quando se ne va a casa con un sonoro ciao. Ride anche quando parla al telefono con suo marito dicendo cose misteriose con molte n e molte d.
J. ha occhi molto intelligenti, una lunga treccia nera nera e si muove in modo felpato.
Dialogare con lei ti mette allegria, anche se capisci poco quando ti parla nella sua strana lingua che ricorda solo vagamente l’italiano.
solo qualche cosa di italiano.
J. ha risolto i suoi problemi di comunicazione: quando Biancaneve o il cacciatore o uno dei 7 nani le fa una domanda, lei per sì e per no ride. Ride quando le chiedi come stanno i suoi figli, ride quando vuoi sapere se ha portato l’ombrello dato che è scoppiato un temporale inatteso, ride quando arriva alle 7.30 salutandoti con un bacio e quando se ne va a casa con un sonoro ciao. Ride anche quando parla al telefono con suo marito dicendo cose misteriose con molte n e molte d.
J. ha occhi molto intelligenti, una lunga treccia nera nera e si muove in modo felpato.
Dialogare con lei ti mette allegria, anche se capisci poco quando ti parla nella sua strana lingua che ricorda solo vagamente l’italiano.
Iscriviti a:
Post (Atom)